Cosa si può fare per il cambiamento climatico: la campagna Giudizio Universale

La difesa dell’ambiente, e del futuro, al primo posto. Cecilia Erba, 29 anni, attivista dell’associazione romana «A Sud» e portavoce della campagna “Giudizio Universale – Invertiamo il processo”, è la dimostrazione vivente che su alcune tematiche bisogna metterci la faccia. E la sua, con quello stesso sguardo aperto verso l’infinito delle migliaia di giovanissimi che da mesi partecipano ai Fridays for Future, ci regala speranza.
Ammissione di colpa: della campagna “Giudizio Universale”, lanciata il 5 giugno 2019, ci siamo accorti solo dopo la sentenza della Corte suprema olandese che, lo scorso 21 dicembre, ha dato ragione ai cittadini che, tramite l’organizzazione non governativa Urgenda, avevano fatto causa allo Stato per non aver difeso il loro diritto di vivere in ambiente salubre.

L’appello della campagna “Giudizio Universale”

Cosa rappresenta la sentenza che condanna lo Stato dei Paesi Bassi per non aver fatto abbastanza per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici?
Ora il governo olandese ha l’obbligo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 25% rispetto a quelle prodotte nel 1990. E lo deve fare entro la fine del 2020. Non rispettare questo limite costituisce una violazione degli articoli 2 e 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani che tutelano il diritto alla vita e al benessere delle persone oltre che il mancato rispetto dell’Accordo di Parigi che tutti gli stati membri delle le Nazioni Unite hanno sottoscritto nel 2015. Si tratta di un precedente giurisprudenziale importantissimo a cui tutti gli altri governi dovrebbero guardare.

La tutela dell’ambiente viene riconosciuta, dunque, come un diritto umano universale da difendere?
In un certo senso, sì. La sentenza riconosce che lo Stato ha il dovere di salvaguardare il diritto indiretto della popolazione di vivere in un ambiente sicuro. Subito dopo la pronuncia della Corte suprema olandese, l’Alto Comissariato delle Nazioni Unite sui diritti umani ha incoraggiato la comunità politica internazionale ad andare avanti in questa direzione affinché siano effettivamente garantiti i diritti umani di tutte le popolazioni coinvolte.

Ridurre le emissioni è uno degli obiettivi della campagna “Giudizio Universale”. Chi siete e cosa chiedete?
Siamo una rete di cittadine e cittadini che raggruppa ormai cento realtà, fra associazioni ambientaliste, di volontariato, comitati territoriali, centri di ricerca e media indipendenti. L’ultima ad aver aderito, all’inizio di quest’anno, è
Fridays for Future Italia. Per la campagna abbiamo scelto un nome che fosse ad effetto e che richiamasse immediatamente l’emergenza della crisi climatica nell’immaginario collettivo. Una crisi che riguarda tutti. Noi non chiediamo altro che si mettano in campo quelle azioni che tutti gli stati del mondo hanno riconosciuto essere necessarie, sottoscrivendo accordi internazionali sul clima che poi faticano a mettere in pratica. E che siano dei giudici a riconoscere che i cambiamenti climatici mettono a repentaglio i diritti della popolazione, che ha il diritto sacrosanto di essere informata. Il nostro riferimento sono i report che già dalla fine degli anni Ottanta il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico dell’Onu produce ciclicamente.

Le nuove generazioni stanno riempiendo le piazze come non succedeva da anni. Che ruolo ha avuto la protesta solitaria di Greta Thunberg?
Credo che una mobilitazione maggiore della società civile fosse necessaria. Quella dei giovani è stata, ed è, massiccia e ha contribuito ad aumentare la pressione sui governi. Il ritorno dei ragazzi in piazza dopo anni di disinnamoramento e distacco dalla politica è un’ottima notizia. La questione climatica ha rappresentato un vero e proprio risveglio delle coscienze. Un sentimento di emergenza da vivere in prima persona e all’interno di un movimento globale».

C’è una speranza per il futuro?
«La speranza è sempre l’ultima a morire. Non ci mobiliteremmo se non credessimo che sia possibile innestare un cambiamento. Se il 2019 è stato l’anno del risveglio della società civile, il 2020 dovrà essere quello dell’azione. Il tempo è scaduto. Ora o mai più. O agiamo adesso o sarà troppo tardi.