Paola Profeta risponde alle domande sullo Smart Working in Italia

Paola Profeta, docente di Scienze delle finanze all’Università Bocconi di Milano e componente della task force sulla gender equality nata lo scorso aprile su input della ministra alle Pari opportunità Elena Bonetti, è autrice di numerose ricerche sullo Smart Working.  Introdotta con la legge 81/2017 la pratica, su cui pesavano diverse resistenze da parte del mondo imprenditoriale, ha avuto (e sta avendo) un’applicazione massiccia a causa dell’emergenza Coronavirus.

Vantaggi, svantaggi e futuro dello Smart Working

Profeta, la necessità di garantire il distanziamento fisico su larga scala ha accelerato l’introduzione dello Smart Working in Italia da parte di istituzioni e imprese. Come valuta il ricorso a questa pratica?

Innanzitutto, è doveroso chiarire che quello applicato dall’inizio della pandemia non è vero Smart Working. Ma trasferimento dell’ufficio a domicilio. Lo Smart Working è un’altra cosa: richiede una flessibilità di tempi, una mobilità di spazi e, soprattutto, un’alternanza fra presenza in azienda e giornate a distanza. Detto questo, il fatto che per cause di forza maggiore sia saltata la precedente resistenza verso il lavoro da remoto è un passo avanti.”

Crede che in futuro lo smart working possa diventare la regola per molti lavoratori dipendenti in Italia?

“Un’analisi dell’economista ed ex presidente dell’Inps Tito Boeri stima che ben il 24% della forza lavoro italiana potrebbe essere impiegata in Smart Working. Ma la formula attuale è nella maggioranza dei casi un’improvvisazione dettata dalla contingenza. La sperimentazione ha, però, un grande merito: al contrario di quanto temevano i datori di lavoro, abbiamo imparato che lavorare fuori dall’azienda non riduce affatto la produttività dei dipendenti. Anzi. Se ben organizzato e se garantisce i diritti di chi lo presta, lo Smart Working aumenta il benessere e il bilanciamento fra vita professionale e tempi di vita privati.”

È in possesso di dati più precisi sui benefici dello Smart Working?

Fra il 2018 e il 2019, io e la ricercatrice in statistica applicata, Marta Angelici, abbiamo condotto per la Bocconi uno studio all’interno del progetto europeo Elena – Experimenting flexible Labour tools for Enterprises by engaging men and women coordinato dal Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri. In particolare, abbiamo osservato trecento lavoratori che, una volta alla settimana e per nove mesi consecutivi, hanno operato lontano dal posto di lavoro. Tra i risultati rilevati sottolineo i più sorprendenti: l’incremento della produttività, la riduzione delle assenze (almeno 5 giornate in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), il miglioramento della soddisfazione per il ruolo professionale ricoperto (si lavora per obiettivi e non seguendo un orario determinato a priori), una maggiore qualità del riposo notturno e del tasso di fecondità delle coppie e, soprattutto, l’aumento del bilanciamento vita-lavoro rispetto al lavoratore che non lo sperimenta con un + 50% della partecipazione ai lavori familiari da parte degli uomini.”

Lo smart working ha effetti collaterali? Potrebbe avere degli svantaggi?

Se non normato adeguatamente, potrebbe diventare un’arma a doppio taglio e favorire la ghettizzazione delle donne. Nel nostro Paese purtroppo sono ancora molto radicati stereotipi di genere che assegnano solo a loro ruoli che in molti altri paesi del mondo sono distribuiti in maniera paritaria all’interno della coppia. Bastino i numeri che vedono l’Italia fra i fanalini di coda in Europa con un tasso di occupazione femminile del 53%. A ciò si aggiunge il dato secondo cui la condivisione del lavoro domestico col partner è realtà solo per una donna su quattro.

Un consiglio a imprenditori e lavoratori?

Quando ne saremo usciti, sarebbe bene tenere il buono di questo periodo di emergenza. Lo Smart Working funziona e dà vantaggi a chi lo pratica se la modalità fuori dall’azienda è di un giorno, massimo due, alla settimana. Fuori dall’azienda non significa per forza a casa, significa ovunque il dipendente trovi utile stare a seconda delle proprie esigenze. La chiave è flessibilità come antidoto alla alienazione che potrebbe essere provocata da una disponibilità totale ed evitata con il diritto alla disconnessione, tra l’alto già previsto dalla legge. Personalmente, ritengo lo Smart Working più adatto alla vita; una vita di qualità.”

Lo Smart Working potrebbe avere ricadute positive sull’ambiente. È così?

Sì, è così. Se fosse concesso a tutti i lavoratori che per funzioni e volontà lo potrebbero svolgere si ridurrebbero notevolmente gli spostamenti casa-lavoro e si darebbe un contributo non indifferente alla programmazione di una mobilità finalmente sostenibile.